Proprio nell’anno 2020 abbiamo visto passare in tv pubblicità che riguardavano dispositivi assorbenti come soluzione al problema dell’incontinenza urinaria femminile.
Questa pubblicità, se da una parte ha mandato messaggi positivi, dall’altra parte, a mio avviso, non ha fatto altro che banalizzare e normalizzare una condizione che normale non è: l’incontinenza.
L’aspetto positivo è che finalmente sono stati affrontati argomenti che fino a poco tempo venivano evitati perché considerati troppo intimi o comunque fonte di vergogna come la perdita di pipì e la sessualità nelle donne più anziane.
Cos’è quindi che non torna da questa pubblicità?
L’incontinenza è sicuramente una condizione frequente. Interessa circa il 30/ 40% delle donne adulte, fino ad arrivare ad un 50% nelle donne anziane.
Ricordiamo però che la parola frequente e la parola normale hanno due significati differenti. Se fino ad oggi è stato considerato normale, dopo il parto, o dopo una certa età iniziare a perdere gocce di pipì, oggi sappiamo che non è così, pertanto non deve essere per forza accettato dalla donna a cuor leggero.
L’incontinenza rappresenta una spia d’allarme. Ci indica che qualcosa si è “rotto” e pertanto dobbiamo prendercene cura.
E per quanto riguarda i dispositivi assorbenti? Vanno bene o no?
Possono andare bene, e in certe situazioni meno male che esistono, a patto che vengano utilizzati come soluzione temporanea. Perché l’incontinenza è un sintomo, un segnale. Non una diagnosi, non un etichetta. E ad un sintomo corrisponde una diagnosi.
Una volta identificato il tipo di incontinenza di cui si tratta (da sforzo, da urgenza, mista, con cause neurologiche, ecc) si può intraprendere un percorso di riabilitazione del pavimento pelvico che, da solo o eventualmente in combinazione, porti alla risoluzione della problematica e ad una migliore qualità di vita.
Non è necessario né resistere, né portare pazienza. Le cose si possono risolvere!
Fisioterapista: Dott.ssa Elisabetta Musacchi